(ITA only) - In tanti dicono quello che dovrei fare, in pochi sanno spiegarmi perchè. Le tradizioni in cui sono immerso sono colonne portanti della società in cui sono nato, difficili da scostare, o troppo fitte per lasciarmi vedere al di là. Tutti sono indaffarati a promuovere le loro idee o ingoiano passivamente quelle degli altri senza protestare. Cristiani, atei, musulmani eccetera: ognuno, a suo modo, è un po' fanatico difensore di principi che spesso chiudono i loro stessi orizzonti, invece di aprirli. Questo, del resto, chiedono i dogmi: una cieca fede nel mistero. Questo, del resto, chiede l'ostinata negazione dei dogmi: un testardo e continuo voltar le spalle a ciò che non può essere spiegato razionalmente. In fin dei conti, penso, credenti convinti ed atei convinti condividono lo stesso identico atteggiamento verso le proprie idee ed opinioni: una difesa a spada tratta poco disponibile alla rivisitazione. E non parlo, qui, dell'accettazione degli altri e delle loro idee, ma di quanto uno sia disposto a ridiscutere quel che ha sempre dato per scontato (o in cui ha sempre creduto) in prima persona. "Mettere in discussione" è un processo faticoso, che male si sposa con la pigrizia di questi tempi moderni. Per molti, poi, rappresenta una sconfitta di cui non vogliono nemmeno sentire parlare: come giustificare un cambio radicale di approccio, dopo 30, 40, 50 anni investiti in tutt'altra direzione? Meglio rimanere saldi a principi sicuri e coerenti, anche se non risuonano con me. Nel mio piccolo, ho potuto osservare un disperato bisogno di ortodossia in diverse tappe del mio percorso: dal cristianesimo che mi ha cresciuto, alla scuola, dal volontariato allo sport, dallo yoga al buddismo di derivazione religiosa (precisazione che ho messo non a caso). Ho visto fanatici in tutte le tappe della mia vita. Ho sentito un sacco di "devi", una moltitudine di "risultati ideali a cui tendere", una serie di "tappe ben definite da seguire", pena il finire fuori sentiero. Non voglio nè classificare tutti come fanatici nè voglio denigrare i tanti lati positivi degli insegnamenti, delle tradizioni e del lavoro di altri che, nei millenni, è arrivato fino ad oggi. Ma ormai il mio naso mi richiama all'attenzione spesso: è disgustosa la puzza di "verità assoluta" impacchettata in codici di comportamento o dogmi in cui credere. Bisogna starci attenti, tutto qui. Ho avuto la fortuna di incontrare tante persone che mi hanno invitato ad un cambio di prospettiva su tanti fronti, cosa non facile considerando che la mia struttura di pensiero e di ragionamento è ancora molto influenzata dalla formazione scientifico-ingegneristica che ho ricevuto. Ma anche un bambino che viene forzato ad assaggiare il gambo del broccolo, può finire col trovarlo squisito (frase quanto mai vera sia per me che per la mia nipotina). Ho capito che l'ortodossia e le sedicenti verità danno sicurezza e stabilità per affrontare quel che non può essere compreso con l'intelletto, ma levano tutto il sapore, il gusto e la meraviglia dell'inspiegabile. Se qualcuno dovesse chiedere, guardando un fiume, di indicare passato e futuro, in molti punterebbero il dito verso il passato a monte, e poi verso il futuro a valle: non può che essere così, da su a giù, questa è la direzione ovvia. O forse quella che pare più accreditata e sicura. Anche su questo, un prezioso libro mi ha svelato uno di questi piccoli (grandi!) cambi di prospettiva: "Cominciai a capire un fatto, e cioè che tutte le cose, per un pesce di fiume, vengono da monte: insetti, rami, foglie, qualsiasi cosa. Per questo guarda verso l’alto, in attesa di ciò che deve arrivare. Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro a monte" (Le otto Montagne - P. Cognetti) Difficile tradurre in parole la dolcezza che queste minuscole scoperte portano. Si tratta davvero di qualcosa di simile al primo assaggio di un frutto che fino a quel momento ti era stato celato. Un po' come andare oltre i libri esposti in vetrina e trovare l'accesso al polveroso magazzino, dove le vere gemme rimangono protette da chi oserebbe scartarle. I veri maestri non ti dicono di non fare questo o quello, ma donano piuttosto strumenti per estrarre il meglio e valutare cosa è utile. Non si vantano della propria conoscenza nè credono di avere tutte le risposte, ma piuttosto insegnano a dare valore alle domande, per aiutare a rispondere (se proprio necessario) a proprio modo. Ma quindi, se davvero posso usare un ruscello come metafora dello scorrere dei miei giorni, allora il modo più adeguato per viverlo è entrarci, con i piedi immersi, a mollo. Sul palcoscenico dell'esistenza. Splash! Sento da valle i ricordi che tornano a me come salmoni che risalgono la corrente. Da monte non so cosa aspettarmi: la dissetante prospettiva di nuovi progetti o l'angoscia delle preoccupazioni? Per quel che ne so, quelle vacche lassù possono anche aver urinato nel ruscello. Non mi importa troppo. Il mio futuro è contaminato da costellazioni di insidie verso cui è utile orientare solo una certa porzione delle mie risorse. Se le dedicassi tutte, perderei gran parte di quel che va in scena ora. Siamo esposti a tante distrazioni, alcune involontarie altre molto strumentali ai fini di altri. Il fatto che tutta quanta la tecnologia e il commercio puntino alla connettività globale, mentre tutti gli strumenti di sviluppo della consapevolezza si dirigono in primo luogo verso il nostro interno, dovrebbe farci pensare. Ma è proprio questo "pensare" che richiede innanzitutto di mollare la presa sulle convinzioni che appaiono solide e certe. Tante volte i vicini a cui non parliamo sono portatori di verità molto più di quanto lo siano i telegiornali. Poveri noi: a momenti ci fidiamo più delle previsioni del meteo, che del tempo che c'è realmente. "Mettere in discussione" non significa "essere indifferenti", ma piuttosto aprire le nostre percezioni verso quella curiosità tipica dei bambini, verso il loro "voler guardare dentro le cose", imitando, scoprendo, toccando la vita con mano. Sarò sempre grato alle crisi che ho vissuto e ai maestri che mi hanno accompagnato da una tappa all'altra, soprattutto quelli che mi hanno dato compiti e strumenti, invece che regole da imparare e verità da digerire. Per sentire la vita che scorre, bisogna entrarci dentro, non c'è altro modo, piedi a mollo. Qualche giocoso mulinello, arriva alle mie caviglie dopo soffici acrobazie che guidano i miei occhi come burattini. Con sollievo, riscopro che il solletico è un modo molto immediato per tornare nell'unico momento in cui vivo, quello in cui sto respirando. Sento le caviglie, euforiche, scompisciarsi dalle risate. -.-.-.-.-.-.-.- "Son seduto sul molo nella baia Guardando le onde che rotolano via Son semplicemente seduto sul molo nella baia sprecando il mio tempo"
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January 2023
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