ITA only (ENG: this post is a direct translation to italian of the beautiful article at this link, allowed by Martine Batchelor - merci Martine!). - Quella che segue é una traduzione pressoché letterale (e autorizzata dall'autrice Martine Batchelor) del meraviglioso articolo pubblicato a questo link. Le "dieci icone del bue" descrivono il percorso di addestramento Zen all'illuminazione, con immagini popolari accompagnate da poesie e commenti. Descrivono un giovane mandriano la cui ricerca lo porta a domare, addestrare e trasformare il suo cuore e la sua mente, un processo che è rappresentato dalla sottomissione del bue. Anche se queste immagini sono presentate in una sequenza, Martine Batchelor ci mette in guardia dal pensare che lo sviluppo personale e la pratica Zen vadano in linea retta; il percorso é più simile ad una spirale lungo la quale ritorniamo alle diverse tappe ma con più comprensione. Queste 10 illustrazioni (in diverse forme ed interpretazioni, ndr) adornano le pareti dei templi Zen in Cina, Corea e Giappone. Il seguente commento di Batchelor è tratto e adattato dal suo libro "Principles of Zen" (Thorsons / HarperCollins). I brevi testi prima di ogni illustrazione sono versi poetici di Master Kusan, stampati per la prima volta nel suo libro "The Way of Korean Zen". Il maestro Kusan fu l'abate del monastero di Songgwangsa vicino alla città di Kwangju, in Corea. Le illustrazioni sono di Jihihara Sensei, dalla collezione del 1982 esposta nel monastero Zen Mountain Monastery. 1. Alla ricerca del bue Alte montagne, acque profonde e una fitta giungla d'erba Per quanto ci provi, il modo di procedere rimane poco chiaro! Per alleviare questo senso di frustrazione, ascolta il frinito delle cicale. In questa foto, il giovane mandriano sembra un po' perso. Sta cercando qualcosa, ma non è nemmeno sicuro cosa. Rappresenta lo stadio in cui non abbiamo ancora iniziato il cammino spirituale, ma ci sentiamo in qualche modo a disagio ed insoddisfatti. Ci sono deboli trambusti dentro di noi. Pensiamo che se avessimo abbastanza "cose" materiali, allora saremmo felici. Vorremmo avere una casa con un bel giardino o abbastanza soldi per comprare qualunque cosa ci piaccia. Ma nulla sembra soddisfarci completamente, per portarci quell'elusiva felicità duratura. Forse speravamo che una relazione stabile potesse darci quella felicità, ma è molto difficile trovare la persona giusta o essere la persona giusta, pienamente amorevole e tollerante. Anche se troviamo qualcuno, scopriamo che una persona non può soddisfare tutti i nostri bisogni, desideri e speranze. Una degna occupazione o un lavoro ben pagato possono darci sicurezza, ma ancora una volta questi coprono solo parzialmente la nostra vita. Insomma, tutto questo ci dà solo una felicità effimera. Sembra che manchi qualcosa. Siamo come il mandriano nella foto. C'è un ruscello rinfrescante, splendidi alberi, farfalle colorate e un meraviglioso canto degli uccelli, ma non è ancora soddisfatto. Come noi, cerca con ansia qualcosa: pace interiore, appagamento, chiarezza. 2. Vedere le impronte Un groviglio di cespugli spinosi: il debole mormorio dell'acqua corrente. Ma qua e là ci sono impronte: è questa la strada giusta? Se vuoi perforargli il naso e legarlo, non fare affidamento sulla forza di qualcun altro! In questa immagine, il mandriano vede finalmente alcune impronte. Rappresenta il momento in cui decidiamo di fare qualcosa per risolvere la nostra insoddisfazione. Cerchiamo qualcosa attorno a noi. Discutiamo di filosofia, leggiamo di psicologia e di vari stati di coscienza. Sentiamo parlare di meditazione e buddismo o Zen. Potremmo avere un amico che sta praticando o potremmo ascoltare un discorso di un insegnante di Zen. Ci piace l'idea di liberazione e risveglio o la stravaganza di un koan. Siamo attratti dalle storie Zen ma qui ci fermiamo. Abbiamo solo letto qualcosa a riguardo e quindi, i cambiamenti sono molto piccoli; continuiamo a patire le stesse sofferenze e gli stessi disturbi e mettiamo in pratica gli stessi schemi negativi. Leggere o ascoltare di Zen non farà una grande differenza nelle nostre vite. L'altra domanda che questa immagine solleva è: le impronte sono vecchie o nuove? Questo insegnamento e questa meditazione Zen sono rilevanti per noi, adesso, o lo sono solo per gli antichi maestri Zen in Cina? 3. Vedere il bue Tra i rami di salice che ondeggiano nella brezza primaverile canta un rigogolo. Come può il passero sperimentare la sua gioia mentre chiama la sua compagna? Non vi sono forse barlumi di luce lunare nella foresta, mia dimora? Qui, il mandriano ha finalmente visto il bue mezzo nascosto tra gli alberi. Questa immagine rappresenta lo stadio in cui finalmente decidiamo di fare davvero qualcosa. Non siamo ancora del tutto sicuri di quale sia il metodo migliore e di cosa esattamente dobbiamo fare. Quindi proviamo diversi approcci. Una settimana visitiamo un tempio, un'altra settimana parliamo con un insegnante. Continuiamo a leggere libri per trovare un buon modo per praticare. Potremmo anche provare la meditazione e non appena ci sediamo per un po' sperimentiamo un po' di pace. Ci rendiamo conto che si tratta di un'attività che possiamo fare da soli e che ci fa stare bene. Potremmo anche provare a coltivare dei precetti ed essere così più innocui, generosi, disciplinati, onesti e chiari. Cominciamo a capirne il senso; acquisiamo familiarità con le idee non solo a livello intellettuale ma anche a livello esperienziale. Pensiamo di aver trovato qualcosa e ne siamo molto entusiasti. 4. Catturare il bue Avanzando con difficoltà; il naso del bue è trafitto. Ma la sua impetuosa natura è difficile da domare. Trascinato qua e là, vaghi per foreste coperte di nuvole. Il mandriano ha finalmente catturato il bue con una corda. Ma il bue non ne vuole sapere di essere domato. Il mandriano si tiene forte mentre il bue salta ferocemente e lo trascina qua e là. Quando iniziamo a meditare, ci sentiamo come il mandriano in questa situazione. Ci viene data una serie di istruzioni e pensiamo che seguirle non sia poi troppo difficile. Catturare il bue non è stato difficile ma contenerlo richiede molta energia e forza. Allo stesso modo, sedersi seguendo un determinato metodo é di per sé facile, ma applicare le istruzioni per un certo lasso di tempo è quel che richiede grande determinazione e forza. Non appena ci sediamo, la mente è invasa da pensieri, ricordi e piani, e il nostro corpo non è a suo agio. Iniziamo ad avere dolore alla schiena, poi alle ginocchia, ed ecco che persino le nostre guance iniziano a prudere. Proviamo varie posture. Vogliamo dimenticare il passato o il futuro, ma tornano molto rapidamente a farci visita. Come il mandriano, dobbiamo rimanere saldi e tener duro. Ci sono molti ostacoli: irrequietezza, sonnolenza, sogni ad occhi aperti, ecc. Dobbiamo renderci conto che negli ultimi venti, trenta anni abbiamo coltivato molte abitudini che hanno favorito le distrazioni e quando meditiamo ci scontriamo con tutte queste abitudini. Ci vorrà del tempo prima di sciogliere la loro presa. 5. Tendere il bue Temendo che possa precipitare in qualche fosso o lungo qualche pendio, Lo tieni stretto aiutandoti con la frusta e la briglia e con la tenacia di entrambe le gambe ti aggrappi saldamente il terreno. Superato questo momento critico, il bue ti segue. In questa immagine, il mandriano controlla delicatamente il bue che non è più selvaggio. Camminano l'uno accanto all'altro e l'uomo tiene la corda molto allentata. Dopo aver tenuto duro e sostenuto la pratica per un po', diventa più facile. Siamo più a nostro agio con la postura. Riusciamo a sederci e a restare fermi senza sentirci irrequieti. Non combattiamo più con il nostro corpo e la nostra mente e manteniamo la concentrazione per un certo periodo di tempo. Abbiamo acquisito un po' di tranquillità e un po' di chiarezza che ci aiutano nella nostra vita quotidiana. Il mandriano tiene ancora la fune allentata perché sa che nonostante la lotta sia finita, rimanere vigili è fondamentale. Il bue sembra sottomesso ma potrebbe scattare in qualsiasi momento. Per praticare lo Zen dobbiamo essere fiduciosi ma anche consapevoli che non si deve diventare arroganti. Potremmo pensare di conoscere lo Zen a 360 gradi, ma in ogni caso abbiamo ancora bisogno di determinazione e disciplina per contrastare le potenti distrazioni. Questa immagine rappresenta una fase di maturazione e di crescita caratterizzata da cura e attenzione. 6. Cavalcare il bue verso casa Seduto a cavallo del bue, la nobile persona ritorna felicemente verso casa. I suoni del suo flauto si mescolano al cielo cremisi: ha scoperto il giardino della gioia. Chi altri potrebbe conoscere questo gusto infinitamente piacevole? La corda se n'è andata. Il mandriano siede tranquillamente sul bue suonando il flauto. Il bue sa dove andare senza che gli venga detto. Questa è un'immagine che trasmette agio, svago e libertà. Alcune persone credono che lo Zen sia molto severo e serio o che per essere spirituali si debba essere cupi, pessimisti o indifferenti. Al contrario, mentre avanziamo nella pratica, scopriamo che ha più a che vedere con gioia e creatività. Cominciamo a prenderci meno sul serio e ci godiamo la vita nell'aprirci alla sua natura mutevole e fluttuante. Balliamo e cantiamo con la vita. Si instaura un rapporto di amicizia con il nostro corpo e la nostra mente. Questa immagine ci mostra anche che c'è spazio per la creatività nello Zen. Quando accettiamo noi stessi e il mondo, il nostro potenziale si sviluppa, le paure e le insicurezze si dissolvono; e possiamo esprimerci attraverso la musica, la pittura, la poesia, la cucina, il giardinaggio, passando del tempo con bambini o con persone anziane. Tutto ciò che facciamo può diventare un'arte; non è più un dovere; è un modo per esprimere la nostra vera natura. 7. Dimenticando il bue, il mandriano si riposa da solo Luna splendente e vento freddo: che casa splendida! Seduto tutto solo, il bue se n'è andato via. Anche se sonnecchi fino all'alba, a che servono frusta e briglia? Il bue è scomparso e il mandriano riposa da solo a casa. Fino ad ora c'era l'impressione che ci fosse qualcosa da fare, qualcosa da praticare. Permaneva una separazione tra noi stessi e la pratica, un dualismo tra ciò che era spirituale e ciò che non lo era, ciò che era Zen e ciò che non era Zen. In questa fase, ci fondiamo con la pratica, che non è più qualcosa di speciale. Non ha più luogo solo quando ci sediamo su un cuscino o in una stanza particolare. Tutto diventa meditazione. La consapevolezza diventa naturale quanto lo è la respirazione. Siamo in pace con noi stessi, con la mente, il corpo e il cuore, con tutto il mondo. Non abbiamo nemmeno bisogno di richiamarci alla disciplina, perché ora la pratica e la coltivazione dei precetti perdono consistenza. Non dobbiamo "eseguirli": si "eseguono da soli". Come diceva il Maestro Kusan: “Sei tutt'uno con la domanda. È la domanda che cammina, va in bagno, guarda la campagna.” L'innocuità e la generosità giungono naturalmente. In questo stato, non puoi nemmeno pensare di essere scortese o dire bugie. Questo tipo di pensieri non sorge nemmeno. 8. Il mandriano e il bue sono entrambi dimenticati Poiché lo spazio è collassato, come possono rimanere degli ostacoli? Può forse un fiocco di neve sopravvivere in una fiamma ardente? Allegramente vai e vieni: come puoi non ridere sempre? Il bue e il mandriano sono entrambi svaniti. C'è solo un cerchio nero che rappresenta il vuoto. In precedenza, quando ci siamo uniti alla pratica, pensavamo ancora che ci fosse un "io" a praticare. Ora anche questo è andato. Ci rendiamo conto che nulla ci appartiene veramente; possiamo occuparcene solo finché dura. Sperimentiamo anche di non avere un'identità solida e separata. Siamo un flusso di condizioni. Siamo costituiti da tutti i nostri geni, dalla nostra storia, dai condizionamenti sociali, ecc. Chi siamo, se non un insieme di aggregati e fluttuazioni? Non possiamo identificarci con i nostri sentimenti, i nostri pensieri, i nostri beni. Vanno e vengono. Sorgono in determinate circostanze, rimangono un po' e poi scompaiono. Tutto è fatto di condizioni, in continua evoluzione. Non c'è nessun posto dove andare, niente a cui aggrapparsi. Ci siamo liberati di un enorme peso e ci sentiamo così leggeri. Ci rendiamo conto che tutto viene dalla vacuità. Solo grazie ad essa le cose possono cambiare e fluire. La vacuità non è un vuoto, un buco nero, ma la possibilità di infinite trasformazioni. Non c'è più avidità, nè barriere create da noi stessi e dai nostri limiti. La natura di Buddha può risplendere ed esprimersi pienamente. 9. Ritorno al luogo originale Il mio tesoro personale è riconquistato: tutti quegli sforzi spesi invano! Sarebbe stato meglio essere ciechi, sordi e sciocchi. Le montagne e l'acqua sono proprio come sono! E così è anche l'uccello tra i fiori. In questa immagine, l'acqua scorre, i fiori sbocciano e gli uccelli cantano. La pratica non si ferma alla vacuità. Se ci attacchiamo ad essa, potremmo giungere a separazione e isolamento. Dobbiamo andare oltre, rientrando nel mondo in cui "avendo dimenticato noi stessi, siamo stati illuminati da tutte le cose". Comprendiamo l'interdipendenza che è alla radice di tutta la vita. Mentre mangiamo e mastichiamo un pezzo di toast, ci connettiamo con il grano, i germogli verdi, la terra, il sole, la pioggia e apprezziamo gli sforzi di tutte le persone che hanno reso possibile quel pezzo di toast. Quando vediamo un filo d'erba che ondeggia nella brezza, oscilliamo con esso. La nostra vita è ordinaria e così com'è, ma la guardiamo in modo diverso. Ci rendiamo conto che tutto attorno esprime la verità della vita e della consapevolezza, e ci parla. Non siamo più rinchiusi in noi stessi ma completamente aperti al mondo. Non siamo spaventati ma al contrario euforici. Il mondo é noi e noi siamo il mondo. Tutta questa pratica, questo sforzo, per poi puramente renderci conto di ciò che era già sulla soglia di casa! 10. Al mercato, per dare una mano Vestito di stracci e scalzo, ti avvicini al mercato e alle strade. Persino coperto di polvere, perché dovrebbero cessare le tue risate? Le api e le farfalle sono felici perché i fiori sono sbocciati su un albero appassito. Questa foto mostra un uomo un po' pancione vestito di stracci che cammina a piedi nudi portando un sacco pieno di prelibatezze. Quest'ultima fase rappresenta la libertà, la saggezza e la compassione. Non siamo ostacolati dalle apparenze. Ci adattiamo liberamente ai luoghi elevati e a quelli più meschini. Troviamo spiritualità ovunque. La meditazione e la realizzazione non ci rendono passivi ma attivi. Siamo profondamente connessi col mondo; sentiamo la sua sofferenza e vogliamo rispondere e aiutare. Il nostro bagaglio è pieno di gioia, compassione, comprensione, gentilezza amorevole, saggezza e "mezzi abili". Diamo naturalmente a noi stessi e agli altri ciò che è benefico. Ascoltiamo profondamente, osserviamo in modo discreto e rispondiamo in modo appropriato. Quando diamo non ci aspettiamo nulla. Non siamo superiori agli altri quando li aiutiamo; al contrario, aiutarli è come aiutare noi stessi e siamo grati che ci diano questa opportunità. Quando amiamo, lo facciamo con accettazione totale. Non aiutiamo solo le persone che ci piacciono e con cui è facile stare insieme, ma anche quelle difficili o scontrose. Non imponiamo le nostre idee - le nostre opinioni, ciò che funziona per noi - sugli altri. Non prendiamo tutto così sul serio. Scopriamo ulteriori modi per sviluppare la concentrazione e la nostra ricerca. Il Maestro Kusan ha avuto tre diversi risvegli significativi e ogni volta ha continuato a praticare con ancora più determinazione. L'ultima volta, il suo insegnante, il Maestro Hyobong, gli disse: “Fino ad ora mi hai seguito; ora sono io che dovrei seguirti" ...Fine della traduzione... Nel 2012, quando iniziai a praticare yoga, una frase e una poesia su un libro di Ashtanga Yoga aveva già aperto la mia mente a questa "spirale" che ci riporta a dove già siamo, ma con occhi diversi. Sensazione che riscopro in prima persona ora, scrivendo, traducendo e facendo mio tutto questo. Prima dell'illuminazione tagliavo legna e trasportavo acqua. Dopo l'illuminazione tagliavo legna e trasportavo acqua. (Aforisma Zen) Non smetteremo di esplorare,
e alla fine della nostra esplorazione arriveremo donde siamo partiti e conosceremo quel luogo per la prima volta (T.S. Eliot)
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