Dal Bocchel del Cane alle Pleiadi. La stretta parentela tra stelle e montagne. Escludendo le prime vere escursioni montanare, quelle inesperte e male affrontate, c'è un solo posto che associo ad un'estrema fatica e al timore di aver esagerato. Un luogo che prende il nome di Bocchel del Cane. Era l'estate di un paio di anni fa, e la mia passione per i valichi e i passi, soprattutto quelli piccoli chiamati "bocchette", mi ha fatto prendere un sentiero a sinistra, dopo il Lago Pirola, in Valmalenco. A destra avrei chiuso comunque un anello, in modo da non tornare sui miei passi, ma a sinistra avrei visto un altro lago, e sarei passato per la bocchetta. Mi sono fatto forza e ho fatto la mia scelta. Il sentiero era ripido e insidioso, con massi grandi forse come stanze che a volte richiedevano l'uso delle mani per avere la necessaria stabilità. Credo di averci messo più di un'ora: ad ogni passo le gambe mi comunicavano un po' di fatica in più, e mi chiedevo se avessi fatto la scelta giusta. Arrivato stremato all'ultimo tratto, la ghiaia e il sentiero poco tracciato hanno succhiato tutta la mia concentrazione. Mi pareva di non averne più, come un'arancia senza alcun nettare rimasto da spremere. L'arrivo alla bocchetta, alla fine, ha portato comunque quell'indescrivibile connubio di euforia mistica e di sollievo commovente che solo un'escursione in solitaria sa dare. Il lago Pirola era magnifico da lassù, con un panorama che includeva la vedretta del Ventina, il pizzo Cassandra e il monte Disgrazia, ma il vento freddo e i tanti chilometri rimanenti mi hanno tenuto vigile e forse mi hanno impedito di godere appieno del momento. Ero stanco, molto stanco, ma sapevo che ce la potevo e dovevo fare. Quel giorno sono arrivato all'auto sfinito, con tanti insegnamenti in più. Ma nessuno che mi faceva davvero pentire del percorso scelto. L'anno scorso sono tornato al lago Pirola, in dolce compagnia. Non sono tornato alla bocchetta, ma l'ho indicata alla mia preziosa compagna di camminata (e di vita). Ho rivissuto nei pensieri quel percorso di massi, sentendo che il mio corpo era tornato in un posto a lui caro. Settimana scorsa ho rivisto ancora una volta la bocchetta, ma stavolta dal lato opposto a quello che conoscevo: mi é sembrata di conoscerla un po' di più. Mi ci sono voluti un confronto fotografico e una mappa per individuarla senza dubbi, ma ora saprei puntare il dito senza esitazioni, come potrei indicare la costellazione di Orione o le Pleiadi. Questa similitudine mi ha fatto riflettere: i nomi dei passi, dei laghi e delle cime, sono spesso incomprensibili ma pieni sicuramente di un senso ancestrale, come le costellazioni. Le stelle richiamano ai miti, agli eroi, allo zodiaco. Le montagne alle tradizioni popolari, alle vicende degli esploratori o alle storie del posto - chissà. Il cielo e i monti sono mondi diversi, ma diamo loro nomi con scopi simili, credo: renderli meno distanti, meno paurosi e, forse, per stabilire un rapporto vivo e diretto. In questo modo, infatti, le imponenti sagome dei monti e le luci lontane che adornano la notte, perdono un po' del loro mistero, sono quasi a portata di mano, e finiscono per essere una recinzione protettiva piuttosto che un mare in cui perdersi. C'è probabilmente la stessa necessità nel misurarle e nel dare loro un valore numerico, che siano metri sul livello del mare o anni luce. Cerchiamo di dar loro un valore di riferimento, perché siano poi un riferimento per noi. Una bocchetta mette in collegamento due valli, dando respiro alle speranze del camminatore. Una stella può dare una rotta, diventando una bussola per chiunque si sia smarrito. Ho avuto la fortuna di dormire lassu', tra i monti, in una notte senza luna in cui i monti hanno abbracciato il cielo.
Mi sentivo allo stesso tempo spaventato dall'immensità e parte integrante di quella stessa vastità. Perso e ritrovato. Le montagne, vicine, sembravano irraggiungibili. Le stelle, lontane, parevano afferrabili a manciate. Ogni volta che punto il dito verso una cima o una stella, verso una bocchetta o un pianeta, mi onora poter chiamare tutto questo per nome. Mi sembra di trovare un sasso a cui appoggiarmi, un bastone a cui affidarmi, un appiglio a cui tenermi saldo, mentre mi godo la carezza di questa illusione che sa di magia.
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Riflessioni sulla vita, grazie a scorci su valli, montagne e volte celesti. - Bisognerebbe vivere come la polvere, con la sua velocità e la sua pazienza. Bisognerebbe adagiarsi con ineccepibile ed equanime uniformità su ogni superficie, su ogni istante, con quella vigile arrendevolezza in cui le foglie sono tanto maestre. Osservo il Monte Torena, avvolto tra le nubi, i suo abbondanti 2900 metri spariscono dall'orizzonte, inghiottiti da un soffice (ma a tratti vorace) biancore. Come deve essere lassù, per quella cima? E per me? Immagino la vetta come fosse una creatura umana, isolata, nella sua temparanea cecità, avvolta da una nebbia che prima porta smarrimento, e poi lascia lentamente spazio a un'introspezione più sottile. Fa freddo e mi sento solo - immagino - tutto è bianco e non ho un riferimento, se non me stesso. Una frazione di secondo, e la carezza fugace del vento umido sulle guance riporta alla silenziosa calma che c'è sotto le lenzuola prima di dormire, e al profumo di casa. Penso che il silenzio non sia mancanza di suoni o un'assenza di parole. É piuttosto quello spazio che si concede alla presenza più cristallina, un portale verso le profondità più minuziosamente decorate dell'esperienza, verso l'affresco della vita, come ho sentito dire. Getto il mio sguardo più in basso, verso le valli che si intersecano e si coricano l'una sull'altra. Appaiono come le soffici rughe dei millenni, antiche ma rigogliose, e mi ricordano di un nonno su un dondolo a raccontare storie, di una nonna che invita a meno schiamazzi, alla tranquillità. Alzo poi gli occhi alla volta celeste, mi pare spontaneo farlo, e la fitta nel collo mi ricorda quanto sia corporea e incarnata questa vita. Mi chiedo se la via lattea, con la sua eclatante e vasta pennellata biancastra, non sia altro che un diversivo, a distogliere l'attenzione dalla guancia arrossata di un cielo immenso che non sa come celare la sua nudità. Mi commuovo e per un istante provo compassione per le stelle. D'un tratto, tutto mi appare a portata di mano. Le distanze cadono, perdono sostanza e forma, come lenzuola rapite dal vento e che qualche molletta non ha saputo trattenere. L'universo si fa quartiere, non lo percepisco più come inafferrabile, piuttosto come un area troppo grande da essere coperta nelle mie mappe dei sentieri. Questo sì. Camminare qui, dove sono ora, è già camminare nell'universo. Nel piccolo spazio di terreno che occupo, ci sono solo io ma anche tutto quanto, in un punto di singolarità che fonde zero ed infinito, il miracolo e il mistero. La paura e l'euforia. Bisognerebbe vivere come la polvere: ignari della propria origine, entusiasti del proprio percorso, ospiti del proprio avvenire. Stupefatti, per il semplice fatto di esserci. "Benchè i piedi dell’uomo non occupino che un piccolo spazio sulla terra,
è grazie a tutto lo spazio che non occupano che l’uomo può camminare sulla terra immensa" (Zhuangzi) ITA only Dopo aver immaginato il punto di vista di un fiore, ecco quel che un sentiero mi ha voluto sussurrare... -.-.-.-.-.-.-.-.- (un ringraziamento speciale alla fotografa, al mio fianco lungo il sentiero) -.-.-.-.-.-.- "Tranquillo, c'é il sentiero per arrivarci" Queste parole, ammettilo, portano spesso in te quel leggero e profumato tepore di qualcosa di conosciuto, come se in un lampo ritrovassi i tuoi riferimenti smarriti, in qualsiasi posto tu sia. Un sentiero conduce da un luogo a un altro, ti guida, questo lo sai, ma non senza sacrifici, miei e vostri. Quel che vedi di me, é la testimonianza del passaggio lento ma testardo di molti, senza il quale non sarei diventato una costante. Una costante tale da finire in qualche "almanacco del camminatore" (a proposito, sai che mi hanno dato anche un altisonante nome tutto mio?). C'é della poesia nel sentirsi il letto di un fiume, usurato da anni di sudore armato di scarponi. E tutto questo mi dà per certi versi un'età e quel dinamismo brioso tipico della vita come la sentite voi. E in effetti mi sento vivo, non c'é dubbio... ma che fatica ogni giorno! "Per cosa?" - ti chiederai. Vedi, sono come un pendolo che oscilla costantemente lungo la traiettoria dei suoi paradossi, baciando quei punti estremi che chiudono come un recinto la mia possibilità di comprensione. Sono la carezza alla collina, che segue le sue curve, ma anche lo sfregio trasversale sulla sua guancia. Sono la cucitura tra due punti, altrimenti difficili da unire, ma anche lo strappo in un paesaggio, l'interruzione slabbrata tra due lembi di seta. Sono la mappa per ritrovare la via, ma anche la traccia su cui molti si smarriscono, maledicendomi. É, per quel che ne so io, una missione che non ho scelto.
Ho smesso da tempo a provare a capire i come, i dove e i perché. Non me li domando più. Non me ne faccio nulla, e non mi hanno portato in alcun posto degno di interesse. Ma ecco cosa adoro di quel che sono! Potervi osservare mentre esplorate questa Terra, sentendomi il dito che sfoglia per voi le pagine di questi boschi e di questi monti, enciclopedia del nostro tempo. Ci sono momenti in cui non mi sento più quella ferita di terra e fango che sono, ma piuttosto il fiero autografo delle vostre gambe tra laghi e valichi, tra cime e prati scoscesi. I vostri sguardi lungo la via mutano in una progressione miracolosa, dall'indecisione alla determinazione, dalla disperazione all'euforia, dalla solitudine al sentirsi atomo dell'universo: tutto avviene spesso nel giro di qualche centinaio di metri. Vedo tutto, forse non potrei... Ma non temere, terrò i tuoi segreti. Torna a trovarmi, però, non so stare senza di voi. Sparirò... senza di voi. Porta quel tuo amico, la tua famiglia, o quella ragazza che tenevi per mano. Anche tuo papà, se puoi: vorrei conoscerlo. Prometto di essere discreto, davvero, nonostante la mia sensibilità abbia già fatto breccia in tante occasioni passate. Se sospirerò per la commozione, con folate d'aria tanto gelida da infastidire le orecchie, dì loro che sono le scie di un paio di farfalle che si rincorrono e se mi scapperà qualche lacrima, come l'altra volta, dì loro che è soltanto la pioggia. Un sentiero degno di questo nome, come spero di essere io, non conduce solamente a una destinazione, ma si concede come maestro umile ed invisibile per insegnamenti del tutto misteriosi, di cui solo il viandante farà esperienza diretta. Osservare i propri passi e l'orizzonte, osservando il respiro adagiarsi su questi pendii e gettando le intenzioni oltre le recinzioni. Ecco la chiave: io ne sono una metafora, potente. Usami. Seguimi! TI avviso: percorrendomi con la concentrazione che merito (che meriti!), vivrai esperienze forti, dure, ma piene e dense di significato. Non stupirti, quindi, se ti ritroverai commosso ed emozionato. Mi perdonerai, piuttosto, se io già lo sono. (ITA only) Lacrima oltre il crinale Le gambe mi hanno portato fin quassù Rocce, crepacci ed aspri sentieri sono ormai alle spalle Un passo alla volta, su crinali pettinati dal vento. Le mani, queste ribelli appendici ancillari, non volevano essere da meno Lungo avvallamenti e forme sinuose di uno scheletro vestito di velluto Tutto sotto i miei palmi Una carezza alla volta, fino al culmine di queste guance arrossate Colline al tramonto, che fanno da culla ai misteri più intimi. Sono osservatore privilegiato di qualcosa che forse non son degno di vedere. La vista mi spezza il fiato, non prima di aver preteso un'inspirazione dai colori vastissimi. Un piccolo specchio d'acqua, che appare all'improvviso, un gioiello di queste altezze. Lo trovo in una conca, che si é fatta giaciglio di un'emozione improvvisa. Acqua, sorta dal nulla: da dove vieni? Chi ti ha portato qui? Una lacrima scesa dalla cima o una sorgente nelle profondità dell'animo? Quanto erano bui i crepacci in cui te ne stavi? Non colgo la tua origine, misteriosa e riservata, ma mi tuffo nei riflessi del tuo messaggio. I pugni mi si stringono, temo forse che l'entusiasmo possa sfuggire di mano? Capisco ora l'enorme differenza tra le parole "monte" e "montagna": con la prima posso puntare il dito verso una cima e darle un nome, con la seconda posso puntare il dito verso quel punto speciale dentro me, così da lasciarmi abbracciare dalla vastità di queste emozioni marcatamente femminili, come il vocabolo che le accompagna, come il tuo sguardo che fa da specchio al mio. La stanchezza arriva improvvisa, dopo l'intuizione e la meraviglia. Appoggio la guancia sul pendio di questa schiena calda, mi addormento e mi risveglio, ripetutamente, tra i sobbalzi del sonno testardo di un paio d'occhi che vuole rimanere vigile e continuare a guardare, per non perdersi un solo secondo. (ITA only) Immagina di avere davanti queste foto: Albe o tramonti? (Valtellina - Dicembre 2018) Nessuna indicazione dell'ora, di un punto cardinale o di un riferimento geografico.
Difficile dire se siano testimonianze di un'alba o di un tramonto: stessi colori, stessa nostalgia mista ad entusiasmo, stessa voglia di emozioni. Solo la transizione di quegli istanti aiuterebbe a identificare di quale si tratti: l'una si accende, l'altro si spegne. L'una abbandona il buio per accendere un nuovo giorno, l'altro si infiamma per l'ultima volta, per poi morire, come un tizzone senza piú molto da dare. Pur non amando i festeggiamenti di fine anno, o perlomeno come vengono interpretati nel mondo moderno in cui sono nato, ne capisco la necessità che avvertiamo. Il ciclo naturale di tutte le cose (il ripetersi delle stagioni, la successione di albe e tramonti, la nascita e la morte degli esseri viventi, la formazione e lo scioglimento dei ghiacciai e così via) ci ha abituato a celebrare l'inizio e la fine dei fenomeni, ed è affascinante prendersi una notte per brindare al tramonto dell'anno vecchio e all'alba di quello nuovo. Tuttavia, molti di noi vivono questa festa come un'archiviazione dell'anno passato, che viene accatastato sulla polverosa e considerevole pigna di quelli precedenti, per dare il via a quello nuovo, riempito di buone parole e propositi, pronti da archiviare di nuovo quando ripasseremo in questo punto dell'orbita terrestre, tra poco meno di 400 giorni. Quella che vedo, invece, è la necessità di riportare la celebrazione di questa notte sullo scorrimento naturale verso un semplice nuovo giorno, che, solo per convenzione calendariale, porta un significato diverso dagli altri. Paradossalmente, diamo meno importanza a fenomeni ben più eclatanti a livello astronomico ed energetico, come gli equinozi e i solstizi, tanto che spesso ce ne dimentichiamo, senza il chiasso dei petardi e le urla ubriache di chi ha affogato nelle gozzoviglie la propria consapevolezza. In tedesco, per augurare un buon anno, si dice "Guten Rutsch", che letteralmente sarebbe come augurare una dolce "scivolata" nell'anno nuovo. Mi piace l'idea di uno slittino che possa solo avanzare e che lo faccia in maniera poco brusca. Nessun bambino in questa situazione si preoccuperebbe di dividere in "segmenti" belli o brutti la parte percorsa a monte o quella in arrivo a valle, visto che la concentrazione sarebbe tutta dedicata al momento presente, sullo scivolamento dello slittino lungo il pendio. Guai a distogliere l'attenzione: perderemmo controllo e divertimento! É questo l'augurio a cui sento di ispirarmi e che desidero rivolgere a voi. Scivolate bene nel nuovo anno ma anche in ogni prossimo nuovo giorno, che sia un 30 dicembre o un 2 gennaio. Per osservare un'alba o un tramonto bisogna essere nel posto giusto al momento giusto, rimanere vigili e attenti, per poi lasciare scappare quel momento effimero con lo stesso entusiasmo con cui l'abbiamo accolto. Tutto scorre in questa vita, e voi non siate da meno. ITA then ENG after the pictures - I castelli di ottobre, come tutti gli altri, si sono fatti vascelli di messaggi di tempi lontani, ma mi hanno anche fatto concentrare un po' di più su una sfida per me molto ostica: lodare allo stesso modo tutte le epoche, coi loro pregi e difetti, senza elevarne una per i messaggi spirituali e massacrarne un'altra per le guerre o le ignobili violenze. L'era in cui viviamo è senza dubbio la più adeguata per addestrarci a estrarre il meglio da essa e le seguenti citazioni mi aiutano a difendere questo pensiero. - "Non abbiamo mai avuto, nel passato, tempi eroici, e nemmeno una generazione pura. Non c'è nessun altro qui oltre a noi, gente, e così è sempre stato: persone indaffarate e potenti, istruite, ambigue, importanti, timorose, consapevoli di sé; persone che progettano, promuovono, ingannano e conquistano; che pregano per i propri cari e desiderano fuggire la miseria ed evitare la morte. E' un'idea che indebolisce e offusca quella secondo cui un tempo sarebbe esistito un popolo semplice, che conosceva Dio personalmente - e che conosceva anche l'altruismo, il coraggio e le scritture -, mentre per noi è troppo tardi. Non c'è mai stata un'età più sacra della nostra, e neppure una che lo fosse meno." (Annie Dillard - For the Time Being (1975) --- "Non è possibile tornare a vivere lo spirito di un'epoca perchè esso tende a dissolversi mentre si sta avvicinando la fine del mondo. In effetti, non può essere sempre primavera o estate, e ugualmente non può essere sempre giorno; quindi, se anche desiderassimo riportare il mondo allo spirito del secolo trascorso, ciò non sarebbe possibile. Occorre saper trarre il meglio da ogni generazione. Chi ha nostalgia del passato sbaglia perchè non afferra questo principio. Ma coloro che apprezzano soltanto il presente e ostentano disprezzo per il passato, appaiono molto superficiali." Yamamoto Tsunetomo - Hagakure (18esimo secolo) -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- Nelle foto, i due castelli di questo mese: Castello Bellaguarda - Tovo Sant'agata - Italia Burg Rötteln - Lörrach - Germania -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- Castello Bellaguarda - Tovo Sant'agata - Italia -.-.-.-.-.-.-.- Castello Bellaguarda - Tovo Sant'agata - Italia -.-.-.-.-.-.-.- Burg Rötteln - Lörrach - Germany -.-.-.-.-.-.-.- Burg Rötteln - Lörrach - Germany -.-.-.-.-.-.-.- ENG The castles I've met in October brought, like all the others, messages from the past, but they also made me focus more one a tough (at least for me) challenge, i.e. praising every age in the same way, with its virtues and vices, trying not to elevate one for its spiritual messages or offend the other for its wars and despicable violence. The time we live in is the most adequate one to train ourselves on extracting the best out of it, and the two following excerpts help the cause of this thought. --- "There were no formerly heroic times, and there was no formerly pure generation. There is no one here but us chickens, and so it has always been: A people busy and powerful, knowledgeable, ambivalent, important, fearful, and self-aware; a people who scheme, promote, deceive, and conquer; who pray for their loved ones, and long to flee misery and skip death. It is a weakening and discolouring idea, that rustic people knew God personally once upon a time-- or even knew selflessness or courage or literature-- but that it is too late for us. In fact, the absolute is available to everyone in every age. There never was a more holy age than ours, and never a less.” Annie Dillard - For the time being (1975) ---- " It is said that what is called "the spirit of an age" is something to which one cannot return. That this spirit gradually dissipates is due to the world's coming to an end. In the same way, a single year does not have just spring or summer. A single day, too, is the same. For this reason, although one would like to change today's world back to the spirit of one hundred years or more ago, it cannot be done. Thus it is important to make the best out of every generation.” This is the mistake of people who are attached to past generations. They have no understanding of this point. On the other hand, people who only know the disposition of the present day and dislike the ways of the past are too lax." Yamamoto Tsunetomo - Hagakure (18th century) - -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- In the pictures, the castles I've seen in October: Castello Bellaguarda - Tovo Sant'agata - Italia Burg Rötteln - Lörrach - Germania -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
(ITA only this time. Sorry about that) - La montagna e il cambiamento sono temi che mi affascinano da molto tempo ormai. Quello che segue, é soltanto un tentativo di mettere per iscritto uno di quegli incontri tra me e la montagna con lo scorrere del tempo a fare da palcoscenico. -.-.-.-.-.-.-.- Lago della Valletta, visto dal Passo di Val Mera - 2017 - Mi siedo sull'erba umida e pungente, con le gambe stanche dopo la salita. Il silenzio entra in scena. Giunto finalmente in platea, al momento giusto, sono pronto per l'apertura del sipario. Il corpo riprende fiato, mentre lo sguardo si appoggia prima su quella cascata, poi su quella guglia passando per ciuffi e arbusti a cui non so attribuire un nome preciso. Gli occhi diventano una porta d'accesso attraverso cui l'osservazione diventa apprendimento e la contemplazione diventa meraviglia. Sento i muscoli quasi nutrirsi di ciò che inalo e a tratti la fatica scompare, come se evaporasse insieme al sudore. La brezza frizzantina trasforma la mia maglietta in un ondoso parco giochi per mosche e farfalle, che ostentano una bizzarra fiducia ai miei naturali movimenti. La montagna non inebria soltanto me, quindi, e questa calda ospitalità basta per farmi chiudere gli occhi per pochi secondi. Quando li riapro, il panorama inizia a mandarmi immagini in continua evoluzione, metafore di una transizione che procede testarda da millenni. Il ruscello si getta vigoroso nel laghetto e ne esce più calmo dal lato quasi opposto, mentre un gracchio alpino sorvola il crinale, usando la sua ombra per accarezzarlo, come fosse un nastro di seta nera. Così, persino le rocce paiono soffici! Tutto quel che vedo è pervaso di dinamismo, e anche quel che sembra statico è in realtà parte di una lentezza che i miei sensi non riescono a percepire. Posso solo farmi attraversare da quel che sperimento e sento, senza che io possa afferrarlo: invero, questa é la natura delle esperienze più profonde. Il movimento della mano che sfiora la pelle diventa "carezza", il passaggio della Luna tra il Sole e la Terra diventa "eclissi", il vapore acqueo trasportato dalle correnti diventa "nuvola". In una frazione di secondo faccio esperienza esattamente di questo: quel che più solletica il mio entusiasmo ha un nome, eppure rimane impossibile da "prendere". Un arcobaleno, una nube lenticolare, il verde del lago, il battito di ali di un crociere, il fischio di una marmotta, il sapore della fragolina di bosco. Tutto effimero e transitorio, ma essenziale, come un respiro. Come una canzone suonata dal vivo. Come i passi che mi hanno portato qui. Come il profumo delle emozioni. Come il sapore dei sorrisi. Come la vita stessa.
ITA then ENG, after the song -.-.-.-.-.-.-.-.- Arpeggi di una frana (Ode al cambiamento) Il rombo dal silenzio niente più come prima la roccia si frantuma in fiumi di miele e carta il solletico di millenni scavalcato dal fragore di un istante la valle ora culla le macerie contraltare di una vasta ferita l'una aspetta i nuovi fiori l'altra l'abbraccio della luna A.Mansi -.-.-.-.-.-.-.-.- [...] Oh, specchio nel cielo Cos’è l’amore? Può il bambino dentro il mio cuore, alzarsi e andare oltre? Posso navigare nelle mutevoli onde dell’oceano? Posso gestire le stagioni della mia vita? Beh, ho avuto paura del cambiamento Perché ho costruito la mia vita intorno a te Ma il tempo ti rende più sfrontato Anche i bambini crescono E anche io sto crescendo [...] "Landslide" - Fleetwood Mac (1975) "Landslide" - Fleetwood Mac - Live in 2006 ENG Landslide arpeggios (Ode to change) The rumble from the silence nothing will be the same rock shutters in rivers of honey and paper the tickle of millennia leapt over by the roar of an instant the valley now cradles the ruins counterpart of the vast wound the first awaiting the new flowers the latter the hug of the moon A.Mansi -.-.-.-.-.-.-.-.- [...]
Oh, mirror in the sky What is love? Can the child within my heart rise above? Can I sail through the changing ocean tides? Can I handle the seasons of my life? Well, I've been afraid of changing 'Cause I've built my life around you But time makes you bolder Even children get older I'm getting older too [...] "Landslide" - Fleetwood Mac (1975) Italian then English
ITA Ultimo castello per quest'anno, con un nome che richiama subito l'omonimo vino e la parola dialettale "grumo" (="colle"). Un nome che rivela un ampio panorama sulle montagne e, nella fattispecie, un tramonto su questi 12 mesi passati a scovar torri e mura merlate! A presto, con le prossime scoperte medievali! Nelle foto: Castel Grumello, Montagna in Valtellina, Italia Per i precedenti "episodi" di questa stramba collezione, vai alla fine di questo articolo ;) -.-.-.- ENG Last castle of the year, with a name that immediately recalls the namesake wine and the dialect word "grumo" (="hill"). Its name reveals a wide panorama on the mountains and (in the particular case) a sunset over the last 12 months, spent "uncovering" towers and merlons. Stay tuned, for the next medieval discoveries! In the pictures: Castel Grumello, Montagna in Valtellina, Italy For the previous "episodes" of this weird collection, scroll down ;) ITA then ENG, then pictures "Se vuoi imparare qualcosa di nuovo, o fai sempre cose diverse, o fai sempre la stessa e vedi come cambi tu" Questo insegnamento, che mi fu dato come "motivazione" alla ripetitiva pratica dell' Ashtanga Yoga, è di fatto applicabile a ogni aspetto della nostra quotidianità. Quest'anno, per gioco, ho voluto proporlo a uno dei miei laghi alpini preferiti che quindi mi ha visto un po' più spesso, circa ogni due mesi. Quelle qui sotto sono le 5 foto che traducono le mie altrettante camminate al Lago Saoseo (Val di Campo, CH) da Febbraio ad oggi. Un dipinto dinamico e ciclico di qualcosa che si può solo sperimentare, mai afferrare, e che per questo si è rivelato per me utile strumento per praticare il "non-attaccamento", ovvero per tentare di estinguere una delle prime cause di sofferenza (o dukkha), secondo il buddismo. In questi 8 mesi, è cambiato il lago, sono cambiato io. Difficile dire chi dei due abbia osservato l'altro o a chi sia venuta l'idea di tutto questo. - P.s. Ci si vede a Dicembre! -.-.-.-.-.-.-.-.-.- ENG
"If you want to learn something new, either you always do different things, or you do exactly the same and you observe how you change". This teaching, given to me as "motivation" to the repetitive nature of the Ashtanga Yoga practice, is eventually applicable to any daily activity. As a game, I proposed this approach to one of my favourite alpine lakes, that ended up meeting me more often than usual, let's say roughly every two months. The pictures here below, represent the 5 times I hiked to Lach da Saoseo (Val di Campo, CH) between February and today. A dynamic and cyclic painting of something that can only be experienced, never grabbed; because of this, it represented for me a very useful tool to practice "non-attachment", trying to extinguish one of the main reasons we suffer as human beings according to Buddhism (see also dukkha). Through this 8 months, the lake has been changing, I have been changing. It's hard to say who has been observing the other or even who had the idea to start all this. - P.s. See you in December! |
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