Mi è capitato di soffermarmi, forse per la prima volta in questi termini, su un affascinante paradosso. Quando mi siedo a un tavolino di un bar, a mangiare qualcosa, mi capita spesso di chiedere acqua fredda frizzante, ben immaginando a che temperatura arriverà, quella del frigo (grado più, grado meno). C'è di certo una pretesa, dietro questa richiesta e al fatto che vogliamo l'acqua come altrimenti non sarebbe. Quando chiediamo acqua a temperatura ambiente, invece, la pretesa è un po' meno forte, c'è un'implicita accettazione della temperatura in cui bene o male siamo già immersi in prima persona. Da qui il vero affascinante paradosso a cui mi riferivo: la "temperatura ambiente" varia, non si lascia catturare con un numero ben preciso, eppure con quest'espressione sappiamo esattamente a cosa ci riferiamo. La temperatura dell'acqua a temperatura ambiente è infatti semplicemente l'unica che quell'acqua avrebbe mai potuto assumere, senza sforzi di alcun tipo, probabilmente mentre se ne stava sotto qualche sottoscala, lasciata al suo destino. Quando raffreddiamo o scaldiamo l'acqua, per sentirci più dissetati o per coccolarci nelle fredde giornate di inverno, di fatto la spostiamo da quella logica e spontanea situazione, snaturandola, per adeguarla al nostro desiderio o a qualche personale preferenza. E non è che ci sia qualcosa di male. Questa piccola riflessione, tuttavia, mi ha rivelato una piccola metafora (che, come spesso accade, coinvolge l'acqua) di noi stessi e di come reagiamo alle situazioni, immersi nel nostro contesto sempre mutevole e da cui spesso scappiamo. "Che giornata grigia, vorrei del sole" "Che rumore fanno i vicini?! Non c'è mai pace" "Non mi va di andare a quell'appuntamento" "Oggi avrei preferito stare da solo" Tutte stuazioni in cui, invece di ambientarci come l'acqua, proviamo a cercare rifugio in qualche stratagemma che cambi la natura del contesto, la sua "temperatura", se vogliamo. Scappando dal disagio ci illudiamo quindi di aver trovato la gioia, non sapendo quanto sia effimera e temporanea questa ventata di freschezza. Voltando le spalle a un fastidio, infatti, rinforziamo la difficoltà di accoglierlo meglio la prossima volta. In tanti cadono in un malinteso, che vede l'allontanamento di quel che non si vuole, e l'appropriarsi di quel che si desidera, come il cuore della vera gioia. In questo modo, passiamo la gran parte della nostra vita a cercare quello che ci fa stare bene, e a liberarci di quello che non ci va. Ovvero, siamo costantemente alla ricerca di qualcosa e in fuga da qualcos'altro. La serenità, invece, sta nel trovare un equilibrio nonostante tutto. Questo non significa che non siamo autorizzati a "desiderare" o ad "evitare", ma che quando non otterremo l'uno o l'altro nulla ci vieta di riconfigurare la nostra esperiena in maniera sana e saggia. Il nostro radicamento nella realtà passa da un'immersione totale nel contesto in cui viviamo. In questa ultima frase, e me ne rendo conto dopo averla scritta, radicamento e immersione richiamano alla mente due baluardi di fierezza e sconfinatezza, ovvero l'albero e, ancora una volta, l'acqua. Fieri e stabili come un albero, che non ha altro contesto a disposizione della terra in cui è nato. Sconfinati e ondeggianti come un oceano, che si estende in ogni direzione ma senza legarsi a un posto preciso. Come alberi e oceani, possiamo anche trovarci in balia del vento, ma solidali al contesto e aperti all'eterno mutamento dello stesso. Come acqua a temperatura ambiente, calma e disponibile, ci possiamo godere la straordinaria ovvietà della sorprendente meraviglia che ci circonda. Magari sorseggiando una birra gelata. Un albero in fiore ad Aprile, apparentemente tradito da un ultima nevicata inattesa, in una delicata convivenza primaverile. "Quando facciamo zazen (meditazione seduta) la mente segue sempre il respiro. Quando inspiriamo, l’aria entra nel mondo interno. Quando espiriamo, esce fuori nel mondo esterno. Il mondo interno è illimitato, e così pure il mondo esterno. Noi diciamo “mondo esterno” e “mondo interno”, ma in realtà c’è un solo mondo e basta, indivisibile. In questo mondo illimitato, la nostra gola è come una porta che si apre e si chiude, L’aria entra ed esce come chi attraversi una porta che si apre e si chiude. Se pensate: “Io respiro”, l’”io” è di troppo. Non esiste niente in voi che possa dirsi “io”. Ciò che chiamiamo “io” è soltanto una porta che si apre e si chiude quando inspiriamo ed espiriamo. Non fa altro, tutto qui. Quando la mente è sufficientemente pura e calma da poter seguire questo movimento, non c’è più niente: né “io”, né mondo, né mente, né corpo; soltanto una porta che si apre e si chiude". Shunryu Suzuki-roshi, “Mente zen, mente di principiante“
0 Comments
Your comment will be posted after it is approved.
Leave a Reply. |
Tags
All
Archives
January 2023
|